I Saharawi vivevano nel Sahara Occidentale, laddove il Continente africano, curvandosi, si affaccia all'Oceano Atlantico.
La loro storia cambia tragicamente nel 1975, quando la Spagna, dopo quasi un secolo di dominazione, lascia al Marocco e alla Mauritania la sua colonia.
Molti Saharawi sono costretti a fuggire nella vicina Algeria, che concede loro asilo politico. Nei campi profughi allestiti a sud della città algerina di Tindouf, i Saharawi danno vita alla Rasd (Repubblica Araba Saharawi Democratica), un caso unico al mondo di governo "in esilio".
Oggi, il popolo saharawi continua a vivere in parte nel Sahara Occidentale, nei territori occupati dal regno del Marocco, e in parte nei campi profughi allestiti nel deserto algerino.
In mezzo, la stretta fascia dei "territori liberati" e un muro costruito dal Marocco, lungo quasi 3.000 Km e circondato da mine antiuomo.
Nel Sahara Occidentale, Amnesty lnternational e molte altre organizzazioni per il rispetto dei diritti umani denunciano l'aumento da parte delle autorità marocchine degli attacchi alla libertà di espressione, di associazione e di riunione in relazione a tematiche ritenute parte integrante della sicurezza interna o esterna dello Stato, come appunto la "questione Saharawi".
Nei campi profughi si vive una condizione di emergenza continua: la totalità delle forniture alimentari, logistiche e sanitarie provengono dalle organizzazioni internazionali di aiuto umanitario e dai singoli governi a causa delle durissime condizioni climatiche e ambientali che caratterizzano il territorio. Manca l'acqua e il clima è molto arido, con forti escursioni termiche.
Nel 1991, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU autorizza l'invio di una Missione per il referendum nel Sahara Occidentale (Minurso). Dopo molte risoluzioni, il referendum per l'autodeterminazione del popolo Saharawi non è stato ancora effettuato e non si vedono aperture per una soluzione condivisa e definitiva del conflitto.
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